i lavoratori itineranti possono essere definiti come la- voratori che non hanno un luogo di lavoro fisso o abituale. Tali lavoratori sono pertanto chiamati ad intervenire ogni giorno in luoghi diversi. Risulta da tale definizione che lo spostamento di detti la- voratori è intrinseco alla loro qualità di lavoratore itinerante ed è dunque inerente all’esercizio della loro attività. I lavoratori, dunque, dovevano neces- sariamente spostarsi per effettuare le operazioni di installazione e manutenzione dei sistemi di sicurez- za presso diversi clienti dell’impresa che li impiega. In altre parole, gli spostamenti di tali lavoratori erano lo strumento necessario all’esecuzione, da parte dei medesimi, delle loro prestazioni tecniche presso i clienti indicati dal loro datore di lavoro. Tali spostamenti dovevano pertanto essere consi- derati parte dell’attività di detti lavoratori.
La direttiva stabilisce le prescrizioni minime generali sanitarie e di sicurezza in materia di organizzazione del tempo di lavoro.
Essa prevede inoltre i periodi di riposo giornaliero, i tempi di pausa, i riposi settimanali lavorativi, i congedi annuali, nonché alcuni aspetti del lavoro notturno e del lavoro a turni. Vi sono alcune disposizioni settoriali per il trasporto su strada, per le attività in mare e per l’aviazione civile.
Ai fini della chiarezza e della trasparenza del diritto comunitario, la direttiva codifica la vecchia direttiva di base 93/104/CE del Consiglio, del 23 novem- bre 1993, nonché la sua modifica tramite la diretti- va 2000/34/CE, del 22 giugno 2000, del Parlamento europeo e del Consiglio. Essa si prefigge di creare un equilibrio tra l’obiettivo principale di salute e sicurezza dei lavoratori e le esigenze di un’economia europea moderna.
Il tempo di lavoro corrisponde al periodo durante il quale il lavoratore è al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività ovvero delle sue funzioni, in conformità delle legi- slazioni e/o delle prassi nazionali. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché ogni lavoratore possa beneficiare di:
a) un periodo minimo di riposo giornaliero di undici ore consecutive su ventiquattro ore;
b) un tempo di pausa per un lavoro giornaliero superiore a sei ore;
c) un periodo minimo di ventiquattro ore di riposo in media senza interruzione successivo ad ogni periodo di sette giorni, che va ad aggiungersi alle undici ore di riposo giornaliero;
d) una durata massima settimanale lavorativa di 48 ore, ivi comprese le ore di lavoro straordinario;
e) un congedo annuale retribuito di almeno quattro settimane.
Per calcolare le medie settimanali, gli Stati membri possono prevedere periodi di riferimento:
— non superiori a 14 giorni per il riposo settimanale;
— non superiori a quattro mesi per la durata massima settimanale del lavoro;
— in consultazione con le parti sociali o affidando ad esse tale possibilità attraverso contratti collettivi, per quanto riguarda la durata del lavoro notturno.
Il lavoro notturno costituisce un caso a sé stante, in quanto la sua durata non deve superare otto ore in media su ventiquattro ore. Il lavoro notturno che comporti rischi particolari o tensioni fisiche ovvero mentali viene regolamentato da normative o da prassi nazionali, ovvero tramite contratti col- lettivi. I lavoratori notturni devono beneficiare di un livello di protezione in materia di salute e di si- curezza commisurato alla natura del loro lavoro. Essi beneficiano di una valutazione gratuita del lo- ro stato di salute prima di essere assegnati ad un la- voro notturno e periodicamente in seguito. Se essi vengono giudicati non idonei, devono essere tra- sferiti ogniqualvolta ciò sia possibile ad un lavoro diurno. Il datore di lavoro che organizza il lavoro stabilendone il ritmo deve tener conto del princi- pio generale di adattamento del lavoro all’uomo, in particolare al fine di limitare il lavoro monotono e cadenzato. Il datore di lavoro che faccia rego- larmente ricorso ai lavoratori notturni deve infor- marne le autorità competenti in materia di sanità e sicurezza.
Alcune deroghe ai principi suddetti possono essere concesse in forza di contratti collettivi o d’accordo con le parti sociali.
Le deroghe possono in particolare essere concesse: a) nel rispetto dei principi generali della protezio- ne, della sicurezza e della salute dei lavoratori al- lorquando la durata del lavoro non è misurata e/o predeterminata dallo stesso lavoratore;
b) per alcune attività caratterizzate da un allonta- namento fra il luogo di lavoro e il luogo di residen- za del lavoratore, come le attività offshore;
c) per le attività di guardia o di sorveglianza desti- nate a garantire la protezione di beni ovvero di persone;
d) per le attività caratterizzate dalla necessità di ga- rantire la continuità del servizio, come nel caso delle cure ospedaliere, dell’agricoltura ovvero dei servizi di stampa e di informazione;
e) in caso di aumento prevedibile dell’attività, se- gnatamente nei settori dell’agricoltura, del turismo o dei servizi postali, nonché per le persone che la- vorano nel settore del trasporto ferroviario;
f) a condizione che sia previsto un riposo compen- sativo: 1) secondo criteri indicati dalla direttiva, ad esempio per le attività caratterizzate dalla neces- sità di garantire la continuità del servizio ovvero della produzione; 2) tramite contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali.
Le deroghe per i periodi di riferimento per il calco- lo della durata del tempo di lavoro settimanale non possono superare sei mesi ovvero, se vi è un contratto collettivo, 12 mesi. Uno Stato membro può autorizzare un datore di lavoro a derogare al li- mite di 48 ore settimanali di lavoro, a condizione che il lavoratore sia d’accordo. Quest’ultimo non deve peraltro subire alcun pregiudizio in caso di ri- fiuto. Il datore di lavoro si impegna a tenere un re- gistro, accessibile alle autorità competenti, su ogni lavoratore che accetti di superare i limiti di orario di lavoro. I principi generali di sanità e sicurezza devono essere rispettati.
Alcune disposizioni particolari si applicano ad al- cuni settori lavorativi:
a) lavoratori mobili e attività offshore: le disposizio- ni sul riposo giornaliero, sul tempo di pausa, sul ri- poso settimanale e sul lavoro notturno non si ap- plicano ai lavoratori mobili; tuttavia gli Stati membri garantiscono un riposo sufficiente in base agli orientamenti della direttiva. I periodi di riferi- mento per i lavoratori offshore possono essere por- tati a 12 mesi;
b) lavoratori operanti a bordo di navi da pesca: le disposizioni sul riposo giornaliero, sulla durata mas- sima settimanale del lavoro e sul lavoro notturno non si applicano ai lavoratori a bordo di una nave da pesca di uno Stato membro; tuttavia la media settimanale di lavoro non deve superare le 48 ore su un periodo di riferimento di un anno. Il numero massimo di ore lavoro è pari a 14 ore per ogni pe- riodo di ventiquattro ore e 72 ore settimanali. Il numero minimo di ore di riposo non è inferiore a dieci ore quotidiane e a 77 ore settimanali. Dispo- sizioni nazionali, contratti collettivi o accordi con le parti sociali, stabiliscono il numero massimo di ore in questi due settori. Entro il 2009, la Commis- sione riesaminerà le disposizioni in questo settore; c) medici in formazione: un periodo transitorio di cinque anni, a decorrere dal 1° agosto 2004, è stato stabilito per i medici in formazione. Nei tre primi anni di tale periodo, la durata del lavoro settima- nale non dovrà superare in media le 58 ore. Suc- cessivamente, nel corso dei due anni seguenti, tale limite non dovrà superare in media le 56 ore. Un sesto anno di transizione può essere concesso a ta- luni Stati membri. In quest’ultimo caso, il tempo di lavoro non dovrà superare in media 52 ore la settimana. Al termine di tale periodo di transizio- ne, il tetto massimo sarà di 48 ore settimanali.